Cari amici, ci troviamo ad affrontare un tema che potremmo definire il “fil rouge” di ogni articolo sin qui proposto e che vi proporremo: IL RAPPORTO TRA LE COLTURE E IL LORO  AMBIENTE PEDOCLIMATICO, concentrando la nostra attenzione sui VITIGNI.
Ovviamente la vastità dell’argomento non ci consente di affrontare questo tema in maniera generica anche perché sarebbe un controsenso con quanto appena detto, sullo stretto legame di cui abbiamo accennato.
Concentreremo, quindi, la nostra attenzione su un territorio, quello dell’Etna.
Una terra che non ama compromessi, governata da un vulcano al margine dell’isola siciliana, al centro del Mediterraneo, “cuore nero” protagonista di miti e di leggende.

Qui, a fare da padrona incontrastata è la natura, nella più selvaggia e spesso minacciosa delle sue espressioni. La lava infuocata viene trasformata dall’aria in dura pietra per poi sprofondare negli abissi del mare. Il cielo turchese viene ravvivato dal vento incessante, dando alle nuvole “una fare” veloce, che le consente solamente di accarezzare la solitaria vetta del vulcano. Il sole è violento, trapassa l’atmosfera tersa dell’altitudine. Il risultato? Colori netti, densi e compatti.
In questo aspro paesaggio le vecchie viti si insinuano sinuose e contorte, affondano le profonde radici tra sabbie e pietre, alla disperata ricerca di una precaria sopravvivenza. Qui, la casualità spontanea della natura, incessantemente ribelle, vince su ogni tentativo di domesticazione.
I terrazzamenti di pietra lavica assecondano l’irregolare profilo della montagna. Le viti vengono interrotte  dai cactus e dagli ulivi, rivendicando il diritto ancestrale di abitare quel luogo.
Questo piccolo, selvaggio territorio è capace di produrre grandi eccellenze vitivinicole: il carricante in purezza per i bianchi, il nerello mascalese, con eventualmente una piccola percentuale di nerello cappuccio per i rossi.

Di questa selvatica atmosfera,  in cui la padrona incontrastata è la natura, si è innamorato il valdostano Federico Curtaz, viticoltore ed enologo, che nel 2007 approda sull’Etna, sviluppando una viticoltura e un enologia coerenti e rispettosi al grande terroir etneo.
La Sicilia per Federico è stata l’opportunità di poter interpretare un territorio, attraverso il tessuto dell’esperienza elaborati nel corso degli anni.
“Vivo la terra da sempre, e al di la degli strumenti che la ricerca tecnologica e scientifica ci danno oggi, ho sempre pensato che debba essere la sensibilità a guidare il nostro lavoro. Ho solo e sempre pensato di essere uno strumento utile a valorizzare la vocazione del luogo, prima di tutto, la terra e l’energia, le possibilità che dà la filiera in ogni territorio vengono prima di qualsiasi ego personale, siamo gli interpreti di uno spartito che è scritto nella terra, nel clima, nella pianta, nell’indole delle persone coinvolte.”
I vini dell’Etna, firmati Federico Curtaz, hanno un tratto di eleganza che li rende universali. Hanno un tannino fine, hanno un po’ meno volume di un grande Nebbiolo adulto e un po’ meno seta di lampone che ti lascia un Borgogna, hanno tratti dell’uno e dell’altro. Ma poi arriva il suolo lavico, la roccia lavica. Hanno la sorte dei vini che guardano ad est e l’Etna guarda ad oriente…e dall’est arriva il pepe, arrivano le spezie...
Il vino che vi abbiamo proposto oggi è il bianco di Curtaz, Gamma, un vino di grande finezza, asciutto e verticale come i vini Etnei sanno essere, longevo , equilibrato nel gioco tra acidità e corpo del vino. Ha colore paglierino e profumo di erbe selvatiche e fiori di altitudine.
Un bianco che non conosce le accomodanti morbidezze postmoderne, ma l’acidità sferzante, agrumata e salina del carricante.
Anche il nome attribuito al suo bianco Federico Curdaz affascina e coinvolge.
Gamma, in fisica, è la notazione del fattore di Lorenz, un'equazione che mete in relazione la dilatazione del tempo alla contrazione delle grandezze fisiche, scoperte a suo tempo da Einstein.
Secondo Federico, il vino fa parlare, unisce le persone, dilata la percezione del tempo. Chiunque si appassioni sperimenterà le lunghe chiacchierate intorno ai dettagli emotivi che regala il vino. Ore nelle quali, emozione e passione distorcono con grazia la realtà, trasformando le discussioni intorno al vino in piacevoli viaggi nella storia, nella cultura nei luoghi, senza muoversi dal tavolo. Il tempo e lo spazio si confondono, si arrotolano intorno a sapori colori e aromi, evocando emozioni che arrivano da terre sovente sconosciute, proprio come quelle dell’Etna.

Concludiamo dicendo che forse la parola terroir sembra essere stata creata pensando all’Etna, alle sue tradizioni millenarie, alle sue vigne secolari sospese tra il cielo e il mare. Il suo microclima unico, che fonde il calore del mediterraneo con il freddo della montagna, genera escursioni termiche foriere d’intensi aromi. Il nero mantello di lava genera preziosi tessuti di giovani rocce che si mescolano con le vecchie pietre e le sottili sabbie, custodi di un lontano passato, ma ancora vivo nei calici che questo straordinario territorio racconta ad ogni sorso.

Buona degustazione, anzi…buon viaggio!

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